Walter Trillini, “L’Italia”, 1943

D’Aloisio Da Vasto ci convince subito di essere un artista arrivato. Non arrivista, ma fermato al bivio del rinnovarsi e del morire che lo condurrà certamente non a ricalcare sulla mobile e consunta idea della cera la forma che possiede, ma a disimpegnarsi : fintanto che a D’Aloisio riuscirà di trovare quella forma e quell’ambiente più adatto al suo temperamento che è quello di un lirico ad alta tensione. Taluni quadri che potrebbero sembrare d’intonazione letteraria non lo sono affatto. Danno invece un espressione di colorismo così efficace ed evidente che talvolta… ci sembra di riconoscere in lui un assetato di cose sottese, delicatissime, introspettive. Generalmente le nature morte stancano. Ma queste del D’Aloisio hanno in esse quel tanto di lirismo e di cura che basta a renderle di per se stesse, ognuna secondo il suo genere, un piccolo capolavoro.

Anche i cieli dei suoi paesaggi e dei suoi mari, così levigati, distesi in una tonalità di fluorescenza primitiva danno la precisa ed inequivocabile sensazione di trovarci di fronte ad un sottilissimo artista che usi la sensualità come un leggero pennello che attraverso ombre e rilievi dia ad ognuno dei suoi panorami, un dettaglio, o un ambiente, non distolto da nessuna interiore ed espressiva carezza cromatica.

Certi dunque che i lavori d’aloisiani, nel futuro, s’imporranno all’attenzione di tutti. Anche di quelli, oggi, troppo esaltati di francesismo, per riconoscere appieno nel D’Aloisio Da Vasto un pittore italianissimo, sia d’aspetto che di luce.

Walter Trillini su “L’Italia“, Roma n° 62 – 12 gennaio 1943