Carlo d’Aloisio da Vasto: la genesi dell’artista, tra tradizione e rinnovamento (1892-1918)

Il presente studio vuole ricostruire, con una documentazione quasi del tutto inedita, la fanciullezza e la giovinezza dell’artista, ad oggi pressoché sconosciute, analizzando in modo dettagliato notizie ed attività di quel periodo, in modo da approfondire gli aspetti che ne hanno determinato l’identità umana e artistica.

L’ambiente familiare

1882, Luigi D’Aloisio

Luigi D’Aloisio nasce a Palmoli da una famiglia della borghesia paesana nel 1852 e sposando Lucia Jecco si trasferisce a Vasto. Dal 1883 entra nell’élite cittadina, iscritto negli elenchi dei giurati per il Tribunale in quanto impiegato del Genio Civile (di Chieti).

In seguito, con il titolo di ingegnere, dirige alcuni interventi urbanistici in città. Trasmette ai figli la passione per le professioni tecniche, un approccio ironico e positivo sull’esistenza e l’abitudine ad abitare in case in affitto.

Le amministrative del 1895 registrano il suo battesimo politico. Luigi viene eletto nelle liste della vincente compagine della Sinistra Storica. Con la conferma a sindaco di Francesco Ponza l’ingegnere viene nominato assessore e consigliere anziano. Dal 1895 al 1897 esercita queste importanti cariche amministrative e, subito dopo la morte di Ponza, il 18 gennaio 1897 assolve alla funzione di presidente dell’assemblea (non a quella di sindaco facente funzione, come erroneamente tramandato).

Con l’avvento dei Ciccaroniani, esce di scena, ricomparendo dopo vent’anni (28 maggio 1917) come assessore nell’ultima amministrazione Nasci. Ritorna consigliere della componente liberale nel 1919 nella breve sindacatura Zaccagnini e infine nel 1922 nella prima amministrazione popolare di Ritucci Chinni. Come politico sembra essere stato colui che ha officiato la morte politica prima della Sinistra Storica e poi, nel 1917 e 1919, la definitiva chiusura dell’epopea liberale cittadina.

1893, Lucia con i figli. In piedi da sx Francesco, Nicola e Michele. Seduti Roberto e Carlo

Lucia Jecco nasce dal dottor Francescopaolo che, esercitando la professione medica, permette alla famiglia di salire nella scala sociale. Il suo impegno in politica (come assessore e facente funzione di sindaco) nella Destra Storica, rafforza la propria condizione tanto da potersi permettere di far ristrutturare la casa palaziata dal famoso architetto Nicolamaria Pietrocola.

Alcuni decenni dopo la morte di Francescopaolo, avvenuta nel 1870, la famiglia subisce un tracollo finanziario, sembra a causa di debiti di gioco, tanto da dover cedere la quasi totalità delle proprietà.

Ad un anno dal matrimonio, celebrato a santa Maria nel 1882, nasce Nicola. Personaggio poliedrico che percorre la carriera di impiegato delle Ferrovie e dal 1908 si trasferisce a Roma. Scrittore prolifico, giornalista, critico d’arte, commediografo e poeta ha saputo imporsi nell’ambiente intellettuale romano, senza perdere i contatti con il mondo culturale vastese. Il matrimonio del 1928 con Livia Berti non genera eredi. La residenza romana di Nicola diventa un punto di approdo per il giovane Carlo che, dopo l’abbandono definitivo degli studi, nel 1909, introdotto dal fratello, inizia a frequentare gli ambienti artistici romani, senza per questo trascurare i rapporti con gli intellettuali abruzzesi.

Del secondogenito Francesco Paolo, nato nel 1886, non si conosceva neppure l’esistenza. Francesco compare nelle due foto del 1893-5, poco prima della improvvisa morte.

1892 aprile 14, battesimo di Carlo, Angelo, Alfonso

Nel 1888 nasce Michele, che sposa nel 1914 la vastese Ida Perrozzi, dalla quale ha due figlie. Michele segue le orme paterne: diplomato geometra, lavora come tecnico al Genio Civile, spostandosi attraverso l’Italia: Messina, Chieti, Salerno, Pescara le tappe delle sue peregrinazioni. Come tecnico del Genio, negli anni ’30, dirige l’apertura della passeggiata panoramica collegata alla ristrutturazione della loggia Amblingh.

1895, Roberto, Francesco, Carlo (seduto) e Michele

Roberto, nato nel 1890, partecipa da eroe alla Guerra Mondiale sul Carso; viene decorato con medaglia di bronzo e sposa nel 1924 la cognata Maria Perrozzi. Anche da questo matrimonio non verranno generati figli. Dopo il diploma di ragioniere, conseguito a Chieti, rimane nella città teatina, impiegato presso la Tesoreria provinciale. Aderente al Fascismo partecipa alla Marcia su Roma. Esponente di rilievo dei quadri abruzzesi del Fascio nel 1932 è nominato Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia. Unico dei fratelli che rimane stabile in Abruzzo, accoglie durante i periodi estivi Carlo e la sua famiglia in vacanza.

Carlo, Angelo, Alfonso vede la luce nella casa di via Rossetti, appena fuori Porta Nuova, il 13 aprile 1892 e viene battezzato nella cattedrale di San Giuseppe il giorno successivo.

Nel 1895 nasce Anna, l’unica sorella, che però muore ancora bimba nel 1899.

Non si conosce nulla della fanciullezza del Nostro. Si presume sia stato un periodo di tranquilla innocenza, se si eccettuano i dolori per le morti dei fratelli, vissuto tra giochi e marachelle nelle affollate vie del quartiere san Pietro e sullo spiazzo incolto fuori Porta Nuova.

Legami significativi

Elisabetta Mayo

Il rapporto con i genitori e i fratelli, basato un solido legame affettivo, ne definisce umanamente la personalità.

1933, Minoluigi e Giovannino

Il successivo incontro con la scultrice Elisabetta Mayo, discendente da una nobile casata che alla fine del ‘700 amministrava Vasto per conto dei d’Avalos, il matrimonio celebrato nel 1927 e i cinque figli che allietano l’unione, costituiscono il motivo ispiratore di tante sue opere della maturità.

Questa nuova famiglia viene qui solo accennata e narrata brevemente da tre foto inedite. Difatti, per limiti temporali, esula dal campo della ricerca che ha come termine estremo il 1918.

In ogni caso i legami parentali per Carlo più che un valore sono la costante quotidiana che incarna e dona sostanza e significato all’esistenza.

Il connubio sponsale crea anche una comunione artistica con Elisa con cui concepisce tutto il percorso artistico della maturità.

1929, Carlo e Elisabetta. Mostra romana ne Le Stanze del Libro

Il percorso scolastico. I dolori del giovane Carlo 

Si precisa che i dettagli scolastici, come la maggior parte delle notizie contenute nello studio, sono assolutamente inedite. Fino ad ora l’argomento “scuola” era stato sbrigativamente accantonato dai biografi con l’erronea frase  “ottenuta la licenza tecnica”.

Anno scolastico 1905-6, pagella

Nel 1905 si iscrive alla Regia Scuola Tecnica “Gabriele Rossetti”. La frequenza della prima classe, con pessimi risultati, si conclude con la bocciatura. Uniche materie sufficienti ginnastica, calligrafia e disegno; le ultime due insegnategli dal professor Michele Lattanzio, poi direttore dell’Istituto.

Nel 1906/7, da ripetente, viene promosso. L’anno successivo, è iscritto in classe mista; le svariate lacune in quasi tutte le discipline, solo in parte recuperate, lo trovano assente all’esame di riparazione e viene nuovamente fermato. Uniche eccezioni gli otto in disegno e calligrafia che confermano questo rapporto di sintonia con il prof. Lattanzio.

Infine, iscritto per la seconda volta alla seconda, Carlo, dopo i primi due trimestri non positivi, decide di interrompere la sua non soddisfacente carriera scolastica. Un appunto sulla sua scheda precisa: “Ha abbandonato la Scuola nel mese di marzo [1909]”.

Anno scolastico 1908-9, pagella

Come interpretare questo abbandono? La scuola italiana agli inizi del ‘900 era una istituzione molto rigida e formale, in cui i respinti superavano i promossi, basata sulla disciplina, sulle regole e sullo studio mnemonico, che faticava ad accettare e valorizzare gli elementi più sensibili, appassionati o artistici.

Carlo, in linea con i fratelli Michele e Roberto, anch’essi conobbero difficoltà e bocciature, probabilmente non si integra con il metodo  e l’approccio schematico dei professori.

A questo riguardo, abbiamo il confronto con l’esperienza di due giganti della storia italiana: Raffaele Mattioli ed Enrico Mattei, ambedue studenti al “Rossetti” quasi negli stessi anni. Mattioli, sostenuto da pragmatismo e concreta intelligenza, supera le difficoltà iniziali e costruisce le solide basi del proprio percorso di studi. Mattei, non trovando grande sintonia con il corpo docente, incontra svariati problemi, soffre la struttura e l’ambiente e solo per la gran forza di volontà riesce ad ottenere il diploma.

In questo periodo è importante il rapporto educativo con il prof. Lattanzio, che oltre a insegnargli Disegno, materia che sicuramente lo appassiona, è un esempio anche umanamente per il giovane.

Luigi Servolini, nell’articolo a lui dedicato nel 1928 in “All’insegna del libro”, afferma: “Un bel giorno sentì parlare d’incisione su legno e ne fu vivamente incuriosito. Ne chiese spiegazione al suo professore d’italiano e si provò ad incidere anch’egli usando alcune rotelline ritagliate dai piedi di un vecchio tavolino della sua casa. Singolare inizio.”

1912, Mattioli matricola a Genova

Il prof. Catello de Vivo, suo insegnante di Italiano, personaggio indiscutibile della Scuola Tecnica di quegli anni, ricordato per le sollecitazioni culturali che indusse nel giovane Mattioli in campo letterario, avrà sicuramente introdotto il D’Aloisio agli aspetti teorici della tecnica, ma io ritengo che sia stato il prof. Lattanzio ad indirizzare Carlo verso la xilografia, dandogli suggerimenti e indicazioni pratiche.

Insomma, dopo quattro anni di scuola, che nella mente del giovane sono percepiti come un totale insuccesso, alle soglie dei 17 anni, Carlo, con l’unica certezza di voler percorrere la carriera artistica, decide di chiudere con la scuola, di troncare con questa perdita di tempo e di dedicarsi solo all’arte. È una decisione difficile che evidenzia, pur nella giovane età, un grande forza di volontà e un carattere risoluto; doti indispensabili per superare le pressioni dei genitori che, da buoni borghesi, avrebbero preferito l’acquisizione di un diploma.

Negli anni scolastici vastesi Carlo frequenta giovani, di cui alcuni diventano successivamente personaggi di spicco nel panorama italiano. Da rimarcare l’affettuoso rapporto di amicizia col banchiere Raffaele Mattioli, per quasi cinquant’anni factotum della Banca Commerciale, che partecipa alle sue mostre milanesi, come è riferito dalla testimonianza del figlio Giovanni: “compagni di banco alla Scuola Tecnica, [nel 1947] si abbracciarono come due fratelli e ancora bambini”.

L’arte a Vasto tra ‘800 e ‘900

1898, Filippo Palizzi, Ecce Agnus Dei

Il mondo artistico vastese in cui D’Aloisio, da completo autodidatta, muove i primi timidi passi, agli inizi del sec. XX, è ancora abbagliato, quasi schiacciato dal genio dei fratelli Palizzi, di Gabriele Smargiassi e di Valerico Laccetti.  A questi maestri immensi il Comune ha reso onore nel 1899 con l’esposizione estiva nella “Mostra dei pittori vastesi”, curata da Luigi Anelli, neodirettore del Museo Archeologico. Il Nostro, che allora aveva sette anni, ha certamente accompagnato, in un miscuglio di desiderio e di curiosità, il padre ad ammirare i capolavori presenti in questo evento unico nella storia di Vasto.

Nicola Galante

Molto meno eclatante il livello dell’arte locale in quegli anni, ma significativo per alcune esperienze che hanno certamente sollecitato il D’Aloisio, agli inizi del proprio percorso artistico. Il pittore Giuseppe Mariani continua ad eseguire in modo didascalico i ritratti dei ricchi borghesi e Cesario Giacomucci, nominato docente di Disegno e sovvenzionato dal Comune, alterna paesaggi a raffigurazioni di personaggi dell’Ottocento. Alla fine del secolo, sponsorizzata dalla Società di Mutuo Soccorso, nasce la scuola serale di disegno, dove l’insegnante Giuseppe Mariani riunisce “il meglio” dei figli della classe artigiana. In questa fucina inizia i primi passi Nicola Galante.

È del 1899 il premio al suo disegno a penna di un bellissimo bancone in legno intagliato e alla parte ornamentale riprodotta in bella plastica. Il Galante continua il proprio percorso formativo lavorando nell’avviata bottega artigiana di ebanista del papà Luigi; frequenta per tre anni la scuola d’arte a Chieti, con le sovvenzioni comunali, e poi nel dicembre del 1907 parte per Torino dove inizia e nel tempo concretizza una inimmaginabile carriera artistica.

In un piccolo centro come Vasto è ipotizzabile che Nicola abbia avuto contatti con il giovane Carlo, spronandolo a perseverare nelle proprie passioni e a approfondire la tecnica della xilografia. Forte di questa complicità artistica, Carlo avrà letto con attenzione nel 1911 su Istonio gli articoli di Nicola sull’Esposizione Torinese dei mobili e l’anno dopo avrà studiato e ammirato le sue xilografie sul volumetto Torino mia.

Sicuramente non ci sono stati contatti con il ragazzino Giovanni Del Prete che in quegli anni emigrava per l’Argentina. Potrebbe aver conosciuto e frequentato il giovane Franco Paolantonio, prima che anche lui nel 1908 partisse per il Sudamerica, si dice per complicazioni amorose.

Francesco Cardone, Ritratto del pescatore Antonio Ronzitti

Possibili i rapporti con il maturo pittore Francesco Cardone e le sue opere, presenti nell’antico palazzo alle Lame, visto che la famiglia D’Aloisio ha sempre abitato in quella zona e ipotizzando che l’eclettico Francesco fosse solito mostrare la propria quadreria a conoscenti e amici. Tra i suoi dipinti pervenuti al Museo Civico figura il bozzetto del pescatore Antonio Ronzitti.

Non è certo per caso che tra le prime opere daloisiane conosciute, databili agli inizi (1908-9) ci sia un disegno dello stesso personaggio. Visti i rapporti di amicizia tra le famiglie Anelli e D’Alosio, confermati da alcune foto che documentano la presenza di Lucia Jecco nel giardino di casa Anelli insieme con la moglie Emilia Sargiacomo, Carlo potrebbe aver visitato le sale del Museo Archeologico, per godere della vista dei dipinti dei pittori vastesi del XVIII e XIX secolo.

Gli inizi (1909-1911)

Carlo

Per dettagliare i primi timidi passi dell’artista, i tentativi con cui cerca di mostrare le proprie qualità, è di aiuto Luigi Servolini, che nel 1928, per primo formula un approccio critico alla carriera pittorica del Nostro, raccontando alcuni dettagli biografici: “si dedicò all’arte fin da fanciullo e, innamoratosi della pittura, autodidatta e con la sola guida del vero, egli fece la sua prima esposizione personale a sedici anni in Castellamare Adriatico. Gli arrise la fortuna, ché vendette quasi tutti i lavori esposti e riuscì ad attirare a sé l’attenzione generale. In Ortona a mare organizzò, qualche anno dopo, in occasione di una festa giornalistica, una seconda mostra, e anche qui ebbe successo.”

I primi passi della sua attività artistica sono sintetizzati in un articolo dell’ Istonio del 25 luglio 1909: “Il giovanetto Carlo d’Aloisio, figlio dell’ing. Luigi, animato dal suo vivo sentimento artistico, e senz’altro maestro che la natura, si è da qualche tempo dedicato – nel silenzio delle pareti domestiche, e nella solitudine dei campi, o dinanzi alla solennità maestosa del mare – alla riproduzione di fiori, di piante, d’animali, di figure, di paesaggi, di marine, ad acquerello, a pastello coloTostirato, a penna con una facilità di esecuzione quasi meravigliosa in un autodidatta appena sedicenne.”

Castellamare Adriatico, Padiglione La Venere

L’articolista mostra di aver frequentato lo “studio” del D’Aloisio e di averne seguito gli approcci all’arte; ne preannuncia il prossimo utilizzo del pennello, forse per più impegnativi quadri ad olio, e, confermando la sua grande forza di carattere, confida al lettore che “è venuto nella determinazione di aprire una mostra dei suoi lavori in Castellamare Adriatico, nel padiglione La Venere.” E conclude: “Egli, che ama l’arte con tutto l’entusiasmo vergine e fervido della sua età, affronterà così, il primo giudizio del pubblico, l’attenzione della eletta colonia del più aristocratico centro balneare del litorale abruzzese.”

L’esordio e la famiglia Muzii

Quindi, il “battesimo d’arte”, la mostra “Pescarese” di alcuni suoi “quadretti”, collocata dai primi biografi nel 1908, in realtà è avvenuta nell’agosto 1909, nello stabilimento balneare di proprietà degli imprenditori Muzii, oriundi di Vasto.

1908, ritratto a pastello

Questa famiglia trasferitasi a Castellamare, scommettendo sullo sviluppo turistico-industriale della cittadina, vi aveva fatto sostanziosi investi-menti e, con Leopoldo Muzii sindaco alla fine dell’800, aveva assunto anche la direzione politica del cambiamento.

Un elemento importante da sottolineare, è che tra i sette fratelli Muzii risalta il nome di Alfonso, all’epoca rinomato pittore.

Dopo la frequenza napoletana degli studi di Filippo Palizzi e di Cosimo Morelli, tornato a Castellamare Adriatico si dedica allo studio della natura e della figura umana e dal 1883, per oltre un ventennio, partecipa, con paesaggi e ritratti, alle esposizioni internazionali in Italia e all’estero.

1908, Gregge nella pineta

Fraterno amico di Michetti e di Tosti entra a far parte del Cenacolo Francavilliano, concedendosi proficui periodi di studio all’estero (Sudamerica e Parigi). Poi nel primo decennio del ‘900 smette di dipingere e si ritira a Genova, in una specie di clausura artistica.

Sarebbe interessante approfondire i suoi rapporti con Carlo, il peso che ebbe la sua paternità artistica sul debutto pescarese del nostro e la sua influenza sul giovane pittore. Fino ad oggi non esiste alcuna documentazione che ci permetta di avanzare ipotesi su questo imprevedibile connubio.

Prime opere

1908, ritratto di Antonio Ronzitti

Di questa alba artistica non si conoscono con certezza opere superstiti. Potrebbero far parte dei “quadretti” esposti a “La Venere” i due ritratti, presunti del 1908, che raffigurano due personaggi vastesi, tra cui il già citato Antonio Ronzitti. Le prime xilografie, dal 1908 al 1912, – tra queste “Gregge sotto la pineta”, “Nevicata in montagna”, “Vela latina” e “Donne abruzzesi” – anticipano quelli che saranno i temi sviluppati negli anni successivi: il costume popolare e le tradizioni, l’Adriatico e il mondo marinaro, le montagne e la transumanza, la fede e i pellegrinaggi.

1908, Nevicata in montagna

Luigi Servolini, riferendosi a queste prime xilografie, precisa: “[In queste opere] predomina la massa nera e il taglio appare assai energico. Non ha curato neppure certe finezze di linea, ma la poesia si sprigiona ancora più fortemente da quei segni rozzi impressi nelle tavole di pero e di bosso.”

Dal 1910 sono documentate le sue attività di illustratore e decoratore del libro con acqueforti, disegni a penna e, soprattutto, xilografie, principale espressione dell’artista fino al 1920, integrate dall’impegno come illustratore su Il Romanzo dei piccoli, La Rivista d’oggi e L’Attualità. “Nel 1912 fu chiamato a Napoli da alcuni industriali, per eseguire disegni per l’illustrazione e la decorazione. Due anni dopo si trasferì a Roma impiegandosi come disegnatore. Finché poté dedicarsi interamente all’arte, che è la sua unica e autentica passione.”

1912, Donne abruzzesi

Vasto e l’Abruzzo. Dal cuore alla tela

L’elemento fondamentale che ne definisce l’identità è il legame con il borgo nativo e la regione di appartenenza, con la sua costa, il mare e la marineria, i cafoni e le donne abruzzesi; le montagne, le greggi e i pastori, i paesi, le campagne e le colline, da lui rappresentati con realismo e passione.

Cattedrale di S. Giuseppe in “Emporium” n. 261 del 1916

Dopo aver sperimentato le occasioni e gli stimoli che Roma gli offre, raggiunta la consapevolezza di dover rimanere stabilmente nella Capitale, per questo definitivo distacco dalla sua piccola patria, decide di aggiungere alla propria firma, che lo identificherà nel mondo artistico, il toponimo “Da Vasto” a suggellare un’appartenenza e un’identità che è, nello stesso tempo, artistica e umana. Sempre il figlio Giovanni ci ricorda: “Ha pensato ogni giorno alla sua Vasto. Ne sono testimone.” Nel 1916, ormai “romano” pubblica su Emporium “L’arte medievale in una cittadina d’Abruzzo”, quasi una dedica amorosa alla sua Vasto.

Servolini, definendolo “il pittore dell’Abruzzo”, precisa questo intimo legame con la sua terra. “Fin da giovinetto la rude poesia di quest’arte squisita ha colpito la sua immaginazione e conquistato il suo cuore. Le vele adriatiche gonfie di vento, le mistiche processioni, i dolci idilli paesani, i gruppi di casupole arrampicati su per le colline, i suoni delle zampogne, da lui fermate colla mano sul legno.”

D’Aloisio ama questa cultura popolare, di cui si sente parte, ne percepisce il valore secolare, arcaico, che costituisce la struttura dell’umano. E rappresentandolo nelle sue opere dichiara di riconoscerlo come il suo humus culturale.

Per capire il profondo rapporto che lega il D’Aloisio all’Abruzzo è essenziale rileggere il documento “La mia Terra” pubblicato da Pasquale Scarpitti in Discanto, e allegato in foto.

Significativi anche l’articolo del 1920 “Ricordando l’Abruzzo”, nella omonima rivista lancianese, o la cartella “Terra d’Abruzzo” sempre del 1920, formata da 12 xilografie, tirate a mano, acquerellate, numerate e firmate dall’artista, conservate nei Musei Civici di Palazzo d’Avalos.

L’Adriatico e le sue leggende

1920. La vela

L’intima relazione tra il Nostro e l’Abruzzo è evidenziata nel documento L’adriatico e le sue leggende, non datato, proveniente dall’archivio di famiglia e pubblicato per la prima volta da Luigi Murolo nel 2006. Nel pezzo l’artista narra delle “paranze costruite a San Vito Chietino da calafati di antica razza abruzzese” e degli “ingenui, piccoli, ma dolci sentimenti di sincera fede cristiana e di amore di questa magnifica nostra gente di mare”.

Dalle pagine traspare tutta la sua appassionata ammirazione per questo mondo marinaro e il nobile tentativo di “riprodurre, prima che scompaiano, la gente e i costumi del suo paese.” Analogo  intento viene espresso  nel suo nostalgico articolo  “Addio vecchia e dolce poesia del Natale”, pubblicato nel dicembre 1916 sulla rivista La Donna, che esprime un fiume di ricordi e di rimpianti.

1916, Gli invalidi del mare

Sempre Murolo, nell’introduzione a L’Adriatico e i pupazzi, si chiede: “Ma qual’è la maniera di D’Aloisio di intendere il mare?” e tra le tante ipotesi ventilate arriva a chiarire quella che mi sembra la più consona all’approccio daloisiano: “Magari vale il significato di latino mare “l’amaro” la cui radice -mar designa “il morire”. Il che ci riporta sia al titolo dell’ultimo periodico di Volpi-D’Aloisio, sia all’incisione “Gli invalidi del mare” (1916) che, con la parola “dolore” apre alla comprensione dell’universo marinaresco con la chiave di lettura del testo sulle leggende, in particolare nella narrazione del sentimento religioso delle donne quando la tempesta imperversa in mare.”

Carlo giornalista. La contestazione della società

La politica vastese dal 1896 è congelata. Con il ritorno della destra e il dissolvimento del blocco di sinistra, non c’è più opposizione ma solo tacito consenso. Gli esponenti della sinistra pian piano sono stati riassorbiti nel sistema. È la degenerazione della democrazia.

Un gruppo di giovani, di condizione borghese, non contento del presente, contesta la politica degli ultimi decenni in cui si è dissolto l’ideale risorgimentale; in giro vede solo perbenismo e, in modi diversificati chiede discontinuità.

Tra questi Carlo che, nonostante abbia solo vent’anni, è consapevole della necessità del cambiamento e trova dei compagni di strada tra i coetanei di varia tendenza, alcuni vicini all’ideale socialista, altri ancora alla ricerca di una nuova fede politica.

La sua contestazione non è politica o ideologica ma un impeto giovanile di rottura col passato e di desiderio di cambiamento del presente. Per fare questo usa le armi del pubblicista.

L’Abruzzo Umoristico

Il 1912 è un anno fondamentale per la sua carriera artistica perché Carlo comincia a frequentare con assiduità l’Associazione Abruzzese-Molisana di Roma e partecipare alla vita culturale della capitale (qualcuno afferma che in questo anno vi si trasferisce come residenza), fonda e dirige un mensile in cui coinvolge artisti e pubblicisti non solo vastesi, stringe un solido rapporto di amicizia con il giornalista Primo Bruno Volpi, che gli apre la strada alla collaborazione con i migliori artisti e illustratori d’Abruzzo.

1912, L’Abruzzo Umoristico

Il malumore che serpeggia a Vasto per la gestione politica del bene comune, sfocia in un’ironica risposta culturale, in linea con la tradizione che già nel 1878 aveva visto la nascita estiva di In Vacanza, un periodico studentesco “scapigliato”, in cui alcuni ragazzi vastesi, collegati con studenti liceali Teatini, avevano puntato sull’ironia per tentare di dire qualcosa di alternativo su una società che non corrispondeva loro.

Questa nuova goliardata, arricchita da molteplici illustrazioni, è una invenzione del D’Aloisio, che assume la funzione di caporedattore, supportato come responsabile legale da Vincenzo Cardone, fondatore nel 1907 della sezione locale del partito Socialista. Il nucleo centrale del comitato di redazione vastese è completato dal medico Raffaele Giacomucci, poi direttore del periodico Il Littorio e tra i fondatori del partito fascista a Vasto. Integrano la redazione, in linea col progetto extra cittadino l’affermato pubblicista Teramano Primo Bruno Volpi, l’avezzanese Berardino Villa, il lancianese dott. Cotellessa e dal circondario collaborano Carlo Cauli, gli avvocati Guido Piccirilli e Guerriero Balzano e il disegnatore Giuseppe Tessitore.  Rimane un sogno l’intenzione di di arruolare anche le firme prestigiose di Alfredo Panzini e Ugo Ojetti.

Tra i collaboratori “vastesi” troviamo Romualdo Pantini, critico d’arte, scrittore, commediografo, astro nascente dell’estetismo fiorentino, articolista de La Nuova Antologia, de L’Illustrazione Italiana e del Marzocco, e l’avvocato Giuseppe Marcone, poeta e commediografo. Si cerca di coinvolgere nel progetto i “vastesi romani”: lo scrittore e pubblicista Francesco Pisarri e l’intellettuale Roberto Roberti.

Una figura importante che Carlo incrocia in quegli anni è Roberto Roberti. Figlio di un politico della Sinistra poi passato agli avversari, sembra essere un contestatore inossidabile, quasi una figura anarchica. Nel 1900 partecipa al raduno Ricordando Giordano Bruno, rivendicando nella tranquilla Vasto l’orgoglio di essere anticlericale e massone senza nessun nascondimento.

1914, La Rivista d’oggi

Trasferitosi a Roma, fonda nel 1913 La Rivista d’Oggi, stampata a Vasto da Guzzetti. La rivista, che continua le pubblicazioni in modo discontinuo fino al 1916, interessandosi di politica nazionale e di alta cultura, annovera tra i collaboratori Nicola D’Aloisio, l’abruzzese Enzo Marcellusi, e i famosi Gian Pietro Lucini e Corrado Alvaro.

Da convinto interventista, Roberto, durante il conflitto svolge un’intensa campagna a sostegno dei combattenti. Questo percorso di intellettuale senza bandiera si conclude con l’esperienza del sindacalismo e l’approdo al fascismo sociale. Suo il contributo alla rivista daloisiana con l’arguta definizione dell’umorismo come “la forma d’arte modernamente più agile e viva”.

Il mensile, per dirla con Mario Cimini, oltre a mostrare la “vivacità intellettuale della gioventù vastese” è “una reazione garbata e parodica al dannunzismo deteriore” nel “panorama culturale abruzzese in cui la schiacciante personalità di D’Annunzio ha annichilito le altre manifestazioni culturali della regione”. Corredano i numeri molte illustrazioni umoristiche su D’Annunzio: le sue caricature del poeta Romualdo Pantini e del D’Aloisio; La parisina di Tessitore.

Sempre prendendo in prestito le considerazioni del Cimini, al superuomo dannunziano si contrappone in modo paradossale “l’esaltazione dell’uomo qualunque, definito la chiave di volta dell’edificio sociale.” Si preconizza l’avvento dell’uomo qualunque, “insieme di tutte le negatività, che non ha niente di notevole, neppure la più ingenua opinione e nella politica non ci metterà niente di suo.”

1912, caricatura di D’Annunzio

Il mensile, pur dichiarando di voler evitare di fare commenti sull’andamento amministrativo, nell’articolo “Ronzando per Vasto” riporta il messaggio dei mosconi: “non c’è vita in città, vi regna l’apatia; si vegeta semplicemente.” Poi con pesante sarcasmo evidenzia l’assoluta mancanza di pluralismo nella vita politica locale e l’opprimente stagnazione, imposta dal duo Nasci/Ciccarone che ha sostituito la passata diarchia destra/sinistra.

Nel periodico D’Aloisio mette mano a diversi articoli firmandosi Carletto, “dilettante di giornalismo illustrato… a tempo perso”. L’appellativo “Carletto” deriva dalle abitudini familiari, essendo il più piccolo dei figli.

Presenta alcune riviste: L’Artista moderno, l’Emporium, la Scena illustrata, La Donna, la Casa, che sono quelle con cui sta lavorando. Pubblica una sua novella “Il galluccio che diventò celebre” e la caricatura di D’Annunzio.

Significative anche due notizie presenti nel mensile che documentano alcuni passaggi della sua carriera artistica: Nel dicembre 1912 Carlo partecipa a Roma all’ “Esposizione d’arte dei Giovani artisti abruzzesi”, nei locali dell’Associazione Abruzzese; nel gennaio 1913 Tommaso e Michele Cascella, ricevuti da Carlo, visitano Vasto. Restano ammirati dalle bellezze del luogo di cui eseguono alcuni bozzetti.

La Rivista Adriatica e l’Amarissimo

1911, Vincenzo Alicandri, Rivista Adriatica

Già dal dicembre 1911 è iniziata una nuova avventura per il Nostro che, rispondendo alle sollecitazioni dell’amico Primo Bruno Volpi, partecipa all’esperienza editoriale di La Rivista Adriatica.

Il periodico teramano nato per proseguire l’esperienza di Mare Piceno si stampa nel biennio 1912-3 e poi dal 1917 diviene L’Amarissimo. Rivista letteraria. L’intento è quello di promuovere lo sviluppo integrale dell’Abruzzo e delle Marche. La veste grafica ed estetica ha come modello le esperienze più aggiornate di Basilio Cascella. Enorme il numero di collaboratori, da tutta l’Italia, in genere di area progressista. La partecipazione di Carlo rappresenta una grande opportunità formativa che lo apre alla dimensione regionale: lavora a fianco di Tommaso e Michele Cascella, di Adolfo Rossetti, di Ernesto Aurini, in collegamento con due artisti affermati come Vincenzo Alicandri e Basilio Cascella.

1917, testata de l’amarissimo

Tanti gli articoli che certificano questo salto di qualità, questa sua partecipazione alla cerchia esclusiva dei migliori esponenti del mondo artistico abruzzese. È l’inizio di una brillante carriera come pubblicista e scrittore d’arte in quotidiani e riviste in cui compila articoli folkloristici che illustra con suoi disegni.

Nel settembre 1912 il Volpi gli dedica un articolo su “Arte e artisti abruzzesi e marchigiani”. Nel n. 15 viene pubblicizzata la nascita de L’Abruzzo Umoristico.

1912, L’Abruzzo Umoristico

Almeno tre gli interventi a sua firma sul periodico: il primo a puntate sul poeta Alfredo Luciani e il teatro abruzzese; il secondo sulla costituzione di un’associazione tra gli artisti abruzzesi e l’ultimo è il lancio di una prossima iniziativa culturale promossa a Vasto.

Il progetto iniziato con la Rivista Adriatica continua nel 1917 con l’amarissimo. La veste grafica è meno ricercata, a causa delle difficoltà economiche che la popolazione sta vivendo per la guerra. La testata della copertina del primo numero con due “lancette” (imbarcazioni da pesca tipiche della nostra zona) è disegnata da D’Aloisio che risulta condirettore. Suoi anche gli eleganti fregi e i riquadri presenti all’interno.

Interessanti gli articoli di Aurini sulla pittura di Della Monica e Michetti. Negli ultimi numeri si preannunciano tavole fuori testo con acquerelli dei migliori artisti abruzzesi.

Con la chiusura de l’Amarissimo termina il “periodo abruzzese” daloisiano, e Carlo, ormai stabile a Roma, allarga il proprio raggio d’azione all’ambito nazionale.

La patria e il conflitto mondiale

1916, Carlo a Roma

L’istituto scuola, pur non avendo ottenuto nell’immediato la trasmissione della conoscenza e i risultati educativi preventivati, ha avuto notevoli influssi sul nostro scolaro. Ha trasmesso, per osmosi, valori fondamentali, come il rapporto interpersonale, lo spirito di gruppo e l’appartenenza alla Patria. Molti dei giovani che, insieme con Carlo, hanno frequentato le classi della Scuola Tecnica si ritroveranno sparsi sui diversi campi di battaglia del fronte a combattere per lo stesso ideale.

Quando Carlo elabora le innumerevoli xilografie con a tema la guerra, ha nella mente e nel cuore la figura del fratello Roberto, decorato del grande conflitto, che assurge a simbolo di quella generazione che ha offerto la propria giovinezza per il bene dell’Italia.

Roberto in trincea

Tra gli studenti vastesi suoi contemporanei troviamo i decorati Raffaele Mattioli, Vittorio Giovine, Giuseppe Anelli, Giuseppe Ruggieri, Andrea Suriani, eroi del conflitto, e due ex alunni che hanno immolato la loro vita per la Vittoria: Giuseppe Cardone e Carlo Spoltore.

Durante lo svolgimento della guerra il Nostro, impegnato da civile nel mondo della pubblicistica, svolge una intensa opera di propaganda a sostegno dei combattenti.

Con alcune illustrazioni del 1915 a beneficio delle famiglie dei richiamati; con cartoline illustrate di propaganda e con i disegni apparsi su L’Asino (1916), caustiche vignette che hanno come obiettivo gli austriaci, il kaiser e il mondo degli imboscati e della borghesia parassitaria. Alcuni esempi di suoi lavori per le riviste e i libri: nel 1916, momento cruciale per le sorti del conflitto, crea le copertine de L’Illustrazione Militare Italiana, che immortala l’assalto dei fanti, o quelle di Emporium, che esaltano la forza e la potenza delle armi italiane, mostrando ai civili immagini dei fili spinati e dello sforzo degli alpini in montagna. Già celebrative le successive illustrazioni dell’Epopea della grande guerra, che idealizza i combattenti, e quella per i ciechi di guerra.

Da segnalare alcune significative xilografie che scandiscono i vari momenti del conflitto.

La lunga attesa, del 1916, in cui la donna, nella penombra serale della camera, dopo un’intera giornata dedicata alle attività domestiche, si siede e fa volare la fantasia pensando al marito e ai figli al fronte, nella speranza del loro ritorno.

Nel 1918 sono diverse le rappresentazioni della resistenza interna: “La fanciulla”, a casa a fare l’uncinetto; o l’anziano guardiano notturno che si riposa prima di ripartire per il giro di perlustrazione; un giovane cieco, forse ferito di guerra, che brancola nel buio, raccontano la quotidianità del mondo civile. “L’abbraccio”, dello stesso anno, è veramente uno stringere forte forte il marito, finalmente tornato, e il bacio appassionato esprime la tensione, la paura e il dolore accumulati in anni di conflitto.

Sempre nel 1918 Carlo raccoglie in un album dodici incisioni su legno, prodotte nel biennio precedente, suggerite dalla guerra; sono un toccante reportage sui due fronti in cui si combatte: le immagini dalle trincee, il “Triste trasporto di un caduto”, “L’eroina”, crocerossina morta tra il filo spinato; e le istantanee dai paesi nella lotta con la dura realtà della fame e del disagio sociale e familiare: “I piccoli profughi” e “Quelli che restano”, in cui donne, anziane e bambini sono accomunati in un unico angoscioso abbraccio.

Dopo un sentito ringraziamento alla signora Rosa Peluzzo Sigismondi per le notizie sulla famiglia D’Aloisio e per le fotografie messe a disposizione, chiuderei questa ricerca su D’Aloisio giovane con una sua poesia che conferma, come già evidenziato, il profondo amore per Vasto e per i genitori.

Immagini

Immagini / Del padre e della madre /Rivisti nel piccolo cimitero
Del natio loco /In un mattino d’estate
Dopo lunghissimi / Anni di lontananza.
Mi avete ancora parlato /Mi avete ancora detto / Tante cose
E fatte tante raccomandazioni. / Come allora!
Come nel tempo andato / Della mia infanzia.
Ed ugualmente / Io vi ho promesso. / Promesso tutto;
ora che sono anch’io / Nell’età invecchiato.
E sento che verrò / Presto a ritrovarvi
Proprio qui. / E sarà la visita / Più lunga,
Che durerà per sempre.
Staremo muti, / Sotto la pietra.
Ma finalmente vicini / Io con voi,
Per non più lasciarci.

La tomba di famiglia a Vasto

di Paolo Calvano

studioso di storia locale e coordinatore del
“Dipartimento di Studi e Ricerche sulla Storia di Vasto”
della Pro Loco “Città del Vasto” APS


Bibliografia e sitografia

  • Servolini L., Carlo D’Aloisio Da Vasto, in “All’Insegna del libro”, Anno I, n. 5-6 del maggio-giugno 1928;
  • OND Sez. di Vasto, Mostra regionale di arte pura e applicata, Arte della Stampa di G. Guzzetti, Vasto, 1929;
  • Anelli L., Histonium ed il Vasto attraverso i secoli, Guglielmo Guzzetti Editore, Vasto, 1929;
  • Città del Vasto – Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo, Prima mostra dei pittori vastesi contemporanei, Vasto, 1959;
  • Scarpitti P., Carlo D’Aloisio da Vasto. La mia Terra in Discanto, Ed. Sarus, S. Atto di Teramo, 1972;
  • Porcella A., Introduzione in Trenta acquerelli di D’Aloisio Da Vasto, Catalogo della Mostra, Galleria Ca’ d’Orom Roma, 1974;
  • Micacchi D., Carlo D’Aloisio Da Vasto: della sublimità del giorno e del lume e della cara apparenza delle cose, in D’Aloisio Da Vasto. Centoventi opere, Catalogo della Mostra Antologica, Amministrazione Comunale-Aast, Vasto, 1981;
  • Fagiolo dell’Arco M., D’Aloisio Da Vasto e l’Almanacco degli artisti “Il Vero Giotto” censimento di una pubblicazione 1930/1932 in D’Aloisio Da Vasto. Centoventi opere, Catalogo della Mostra antologica, Amministrazione Comunale-Aast, Vasto, 1981;
  • Spinelli T., Profilo storico della pittura vastese, Cannarsa, Vasto, 1998;
  • Di Matteo G. – Savastano C., L’influenza dei Palizzi sui pittori abruzzesi dell’Ottocento, Edigrafital, S. Atto di Teramo,1999;
  • d’Anelli V., Histonium ed il Vasto, Cannarsa, Vasto, 2001;
  • Cimini M., L’evasione e il ritorno. Letteratura e giornalismo in Abruzzo tra Otto e Novecento, Bulzoni Editore, Roma, 2001;
  • Iampieri A., Giornali e riviste delle Val Vibrata (1911-1938), Grafiche Martintype, Colonnella, 2002;
  • Murolo M. (a cura di), Nicola Galante. Diario di un ebanista, Il Torcoliere, Vasto, 2003;
  • Murolo L., Dalle stanze del tempo. Sulle istituzioni culturali della città e del territorio, Il Torcoliere, Vasto, 2003;
  • Calvano P., Michele Lattanzio e la Regia Scuola Tecnica, in “Vasto domani” n. 8 settembre 2004;
  • Calvano P., Giornalismo, emigrazione e dintorni, in “Vasto domani” n. 9 ottobre 2005;
  • Murolo L. (a cura di), Carlo D’Aloisio Da Vasto. L’Adriatico e i pupazzi, Il Torcoliere, Vasto, 2006;
  • Ricciardi A., da Palizzi a Cascella, Cannarsa, Vasto, 2006;
  • Berardini R. (a cura di), Pittori vastesi del ‘900. Il valore della memoria, Città del Vasto, Sambuceto, 2006;
  • Calvano P., Politica e comunicazione. La nascita del quarto potere, in “Vasto domani” n. 9 dicembre 2006;
  • Calvano P., Emigrazione e dintorni, in “Vasto domani” n. 2 febbraio 2007;
  • Murolo L., Carlo D’Aloisio Da Vasto e le xilografie di Terra d’Abruzzo, in “Vasto domani” n. 12 dicembre 2007;
  • Carlo D’Aloisio Da Vasto.Terra d’Abruzzo. Cartella di xilografie 1920, in “Vasto domani” n. 1-12 gennaio-dicembre 2008;
  • La Cosa. Carlo D’Aloisio Da Vasto, (presentazione di Murolo L.), Vasto, 2008;
  • Spadaccini P., Personaggi: Luigi D’Aloisio, padre del pittore Carlo D’Aloisio da Vasto, in “NoiVastesi” 27 gennaio 2011;
  • Spadaccini P., Giovanni D’Aloisio racconta il papà Carlo, in “Camminando insieme” n. 13 maggio 2011;
  • Spadaccini P., Carlo D’Aloisio da Vasto a 40 anni dalla morte. Intervista a Giovanni D’Aloisio figlio, figlio del noto pittore vastese, in “NoiVastesi” 21 e 22 maggio 2011;
  • Spadaccini P., Oggi 40° della morte di Carlo D’Aloisio da Vasto, ma la Città non lo ricorda, in “NoiVastesi” 21 novembre 2011;
  • Spadaccini P., Carlo D’Aloisio da Vasto, pittore e incisore, a 120 dalla nascita, 13 e 15 aprile 2012;
  • Del Cimmuto P. – Strozzieri C. (a cura di), Carlo D’Aloisio da Vasto. Paesaggi. Oli, acquerelli, disegni, Catalogo della Mostra, Ed. Artechiara, Pescara, dicembre 2013;
  • Calvano P., Le Società di Mutuo Soccorso a Vasto 1864-2014. Centocinquant’anni di solidarietà e sussidiarietà, – Società Operaia di Mutuo Soccorso, Vasto, 2014;
  • Del Cimmuto P. (a cura di), Paesaggi segreti. L’immagine e il sentimento dei luoghi nel caro ricordo dell’Abruzzo, Artificio Edizioni, Teramo, 2014;
  • Spinelli T., La ferrigna calcina 2. Profili di artisti, scrittori e intellettuali vastesi, Cannarsa, Vasto, 2015;
  • Spadaccini P., Il Natale del 1916 in piena guerra mondiale: ricordi e rimpianti del pittore Carlo D’Aloisio da Vasto, in “NoiVastesi” 20 dicembre 2018;
  • Musei Civici di Palazzo d’Avalos, Opere dai depositi, l’Arte ritrovata. Pittori Vastesi tra ‘800 e ‘900, Vasto, 2019;
  • Spadaccini P. (a cura di), Nicola D’Aloisio. Solitudine e avventura di Romualdo Pàntini e altri scritti, Il Torcoliere, Vasto, 2020;
  • Calvano P. – Saraceni M. (a cura di), Carlo D’Aloisio Immagini Da Vasto, Pro Loco “Città del Vasto”, Vasto, 2021;
  • Calvano P., Carlo ed Elisa, una Comunione totale di Vita, in Dialoghi tra Carlo ed Elisa. Pensieri e Poesie di due Artisti Vastesi uniti nell’Arte e nell’Amore, Vasto, 2022.

Sono stati consultati i periodici:

  • Istonio. Corriere della Domenica, (1888-1912);
  • L’Abruzzo Umoristico, (1912-3).

e per foto e manoscritti i seguenti archivi:

  • Archivio Privato Peluzzo-Sigismondi, Vasto;
  • Archivio del maestro Carlo d’Aloisio da Vasto, Roma;
  • Archivio Parrocchiale della Concattedrale di San Giuseppe, Vasto;
  • Archivio di Stato, Chieti;
  • Archivio Scuola Media “Gabriele Rossetti”, Vasto;
  • Archivio fotografico VastoArchivio, Vasto.

Referenze fotografiche:

  • Archivio Antonio Iampieri, Colonnella 29, 30
  • Archivio Carlo d’Alosio da Vasto, Roma 15, 16, 17, 18, 19, 20, 24, 36, 37, 38, 39, 40, 41, 42, 43
  • Archivio Filippo Marino, Vastogallery, Vasto 26
  • Archivio Pasquale Spadaccini, Vasto 21, 22, 28, 34, 35
  • Archivio Peluzzo – Sigismondi, Vasto 1, 2, 4, 5, 6, 7, 13, 31, 32, 33
  • Musei Civici, Vasto 10, 12, 23
  • VastoArchivio, Vasto 3, 8, 9, 15, 25, 26, 27, 44