L’artista è stato ricordato – a 130 anni dalla nascita – con un convegno che si è tenuto presso l’aula magna della Facoltà di Lettere dell’Università di Chieti per riflettere sulla straordinaria figura di pittore, incisore, poeta e editorialista.
Nato a Vasto il 13 aprile 1892, nella terra che precedentemente aveva dato i natali ad affermati pittori come Filippo Palizzi, Gabriele Smargiassi e Valerico Laccetti.
Sin da giovanissimo è attratto dall’arte e da autodidatta approfondisce le tecniche della xilografia e dell’acquerello-affresco. A soli 16 anni la sua prima mostra nell’allora Castellamare Adriatica e nel 1910 ad Ortona. A vent’anni lascia l’Abruzzo per trasferirsi a Roma, dove si svolgerà la sua intera vita professionale ed artistica, mantenendo sempre forti legami con la terra d’origine, tanto da voler aggiungere al suo cognome “da Vasto”, per ricordare per sempre la sua terra d’origine. Nel 1927 sposa la scultrice Elisabetta Mayo, nata a Napoli da genitori vastesi. I due artisti lavoreranno insieme nel loro studio romano di viale Giulio Cesare.
Intensissima la sua attività di illustratore e di pittore, richiamata dall’intervento del prof. Francesco Leone, docente di storia dell’arte contemporanea, in apertura del convegno, al quale hanno partecipato gli studiosi Maria Cristina Ricciardi, Paola De Felice, Pasquale Del Cimmuto e Monica De Rosa. Quest’ultima studiosa si è soffermata, in particolare, sull’importante opera dell’Almanacco degli Artisti, pubblicato nel periodo 1930-1933.
Nel suo intervento, l’omonimo nipote dell’artista ha spiegato come nel gennaio 2021 sia stata costituita, per iniziativa dei nipoti, “l’Associazione culturale Archivio del maestro Carlo d’Aloisio da Vasto” per valorizzare l’opera dell’artista e rilanciarne la memoria, anche attraverso
la formazione di un archivio con l’obiettivo di raccogliere la sua vasta e variegata opera che rimane
ancora non definita.
Lo stesso ha annunciato per il prossimo autunno l’allestimento di una mostra a Palazzo d’Avalos a Vasto sul tema “Gli Abruzzi, gli abruzzesi” che ripercorrerà il paesaggio ambientale e culturale della regione attraverso le opere dell’artista. Per segnalare Opere del Maestro Carlo d’Aloisio da Vasto, anche da proporre per la selezione espositiva, si potrà scrivere alla Commissione Artistica al seguente indirizzo comitatoper@carlodaloisiodavasto.it
D’Aloisio morì a Roma il 21 novembre 1971 ma volle essere sepolto nel cimitero della sua Vasto.
D’Aloisio da Vasto fu anche direttore del Museo Civico di Roma e della Galleria d’Arte Moderna di Roma.
Come pittore le sue opere furono esposte in mostre tenute in Italia e all’estero. Prolifica la sua attività giornalistica, con collaborazioni anche con riviste italiane all’estero, tra cui “Il Corriere d’America di New York“, “Patria degli Italiani“, “Plus Ultra” e “Caras y Caretas di Buenos Aires“, come può evincersi dall’opuscolo commemorativo realizzato a cura dell’Associazione e distribuito tra i presenti al termine del convegno.
Pur essendo divenuto presto uno dei protagonisti della cosiddetta Scuola Romana, Carlo D’Aloisio da Vasto continuò a raccontare ed illustrare la sua terra.
Ricordiamo l’emozione con cui la giornalista napoletana Beatrice Testa descrisse l’incontro con l’artista e le sue opere nel libro “L’Abruzzo nel cuore”, ed. CLET, Napoli, 1929: “è l’anima stessa del pittore, che tesse, coi fili della sua passione e della sua nostalgia, la vita della sua gente”, alludendo a pescatori, pastori e contadini che ispirarono tanti suoi paesaggi. L’Abruzzo era anche nel cuore dell’artista che ben volentieri illustrò quel libro con numerose xilografie.
Ci preme ricordare il rapporto viscerale con l’Abruzzo attraverso le sue stesse parole, quando ventottenne, nell’aprile del 1920, nel mensile “L’Abruzzo“, allora fondato e diretto da Giuseppe Javicoli, medico umanista di San Vito, e pubblicato dall’editore Carabba di Lanciano, scrisse un articolo dal titolo “Ricordando l’Abruzzo”, in cui descrisse i sentimenti che lo accompagnavano durante il ritorno in treno da Roma a Vasto, tra la piana del Fucino, le montagne e il mare, nella luce primaverile di aprile: “Io consiglio di percorrere questa linea a tutti coloro che amano di vedere le cose belle… Un non so che di vergine, di casto, di sano, di puro, di primitivo e di profondo persiste ancora in quei luoghi e li distingue da altre terre d’Italia. Fino a pochi anni fa l’Abruzzo era una regione quasi sconosciuta e si credeva abitata da gente cattiva e da briganti”.
D’Aloisio, da “emigrante interno” (per dirla con le parole di Flaiano), era ben consapevole degli stereotipi sugli abruzzesi, come pure di atteggiamenti poco “competitivi” dei propri corregionali. Da qui l’invito: “Facciamo noi abruzzesi, per il nostro Abruzzo, ciò che gli altri hanno fatto per le altre regioni d’Italia” e ancora “Le nostre montagne, il nostro mare, le nostre rocce, i faggeti, le vigne, gli ulivi, tutte queste bellezze naturali che danno all’Abruzzo il privilegio della singolarità, non dobbiamo dimenticarle” e poi l’appello: “E ricordiamoci sempre di difendere l’Abruzzo da cui abbiamo avuto fede e vita”.
Passioni, emozioni e legami che l’artista ha rappresentato nel corso della sua vita tante volte su tela,
su carta e nei suoi scritti. L’Abruzzo e, in particolare Vasto, non dovrebbero mai dimenticarlo.
Antonio Bini, direttore editoriale del periodico “Abruzzo nel Mondo”
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